Noi, sempre in attesa su una banchina

12/02/2011 alle 12:06.

IL ROMANISTA (P.MARCACCI) - Non ci fidiamo più, non a scatola chiusa almeno: questo deve essere il must del prosieguo di stagione, visto che la Roma ce ne ha fatte vedere di tutti i colori, non solo da una partita all’altra ma anche nel corso della stessa partita, come a San Siro domenica scorsa: sontuosa in certe manovre offensive per buona parte del primo tempo, irritante per deconcentrazione nei momenti topici.

Vabbè. Anzi, non va bene per niente, ma è storia, ormai. E’ purtroppo diventato per noi fisiologico essere diffidenti, soprattutto per cautelarci dai nostri facili entusiasmi, dalla fame di successi che abbiamo, dall’incredulità che troppe volte abbiamo provato dopo partite dai tre punti teoricamente sicuri e poi sfuggiti di mano come aquiloni di cui, non si sa perché, si lascia andare la cordicella, cosicché li si vede sparire, come ambizioni e calcoli di classifica (le famigerate "tabelle" che qualcuno ancore si ostina a stilare, nonostante una serie di "stimmate" che dagli anni ottanta in poi ancora bruciano).

Questa Roma ci ha resi come fidanzate di marinai: sempre in attesa sulla banchina, perché è impossibile reprimere l’amore, il nostro in particolare; al tempo stesso però preventivamente imbronciate perché sempre subodoranti il tradimento, l’assenza, la delusione. A noi, in pratica, ormai viene l’istinto di mettere in preventivo ciò che dovrebbe essere non preventivabile: lo zero a zero col Cesena, il tracollo tecnico-emotivo di Cagliari, la disfatta del San Paolo con difesa a tre, la serata di implosione contro il muro del Brescia, la leziosità di San Siro contro l’Inter. Il tutto, offerto dalla stessa squadra che quando ha voluto ha annichilito la in casa, castigato il Milan a Milan e avuto ragione della stessa Inter, con caparbietà e un’invenzione di Vucinic all’Olimpico.

Ma si può? Eppure accade, è accaduto, non si possono biasimare quei tifosi che temono possa ancora accadere. Questo pezzo, mentre lo scrivo e mentre attorno ci cambia l’orizzonte del futuro societario, si sta modificando da solo: voleva essere un bravo punto della situazione, far presente che il , pur bello ed efficace che viene a farci visita stasera, teoricamente senza tutti i suoi tifosi che in pratica riusciranno ad esserci (ah, la Tessera!), è una squadra inferiore alla Roma, pure con il genio e la dirompenza muscolare di Lavezzi, con il pregio conclamato di una punta come Cavani, con i sette polmoni di Gargano e l’essere ovunque di Marek Hamsik, o Hammsìk come lo chiamano folcloristici radiocronisti partenopei.

Però mi rendo conto in tempo reale che non ha senso, perché a troppe variabili è soggetta ogni prestazione della Roma, almeno questa è la sentenza della storia recente. Se dovessimo affidarci alle sensazioni, per come gira la ruota dell’ispirazione giallorossa, questa dovrebbe essere una serata sì, ma è già uno sbilanciamento eccessivo, quindi rientriamo subito nei ranghi e limitiamoci a dire che se ci dovesse essere ispirazione, soprattutto là davanti, non vorremmo essere nei panni di Aronica e Paolo Cannavaro, ma già dover dipendere dagli umori è di volta in volta una diminutio delle nostre ambizioni. Limitiamoci ad aspettare la squadra sulla banchina, proprio come quelle fidanzate di marinai a cui si faceva riferimento in precedenza, hai visto mai...

Insomma, come direbbe la Sud: ricominciamo, ma con la comprensibile diffidenza degli ultimi tempi; tanto, noi saremo sempre qua, con un mantra che va oltre ogni logica: Forza Roma

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