Io, la mia Roma e Boston a caccia del sogno e di Tommy

09/02/2011 alle 10:37.

IL ROMANISTA (F.G. SHININA) - La notizia dell’avvio della trattativa con il gruppo DiBenedetto mi coglie nell’intervallo tra una lezione ed un’altra.

Come da miglior tradizione di noi Sloanies (cosi vengono chiamati i ragazzi che, come me, stanno facendo un master in finanza al MIT di Boston), stavo passando il tempo navigando su internet. E, come sempre, i siti di informazione giallorossa sono nella mia top-hits. Apprendo quindi che Unicredit e AS Roma hanno chiesto alcuni approfondimenti tecnici alla cordata americana per poi procedere speditamente ad una trattativa in esclusiva. Come in un film riavvolgo il nastro di tutti gli avvenimenti che mi hanno portato a vivere qui a Boston. Quando quasi due anni fa presi la decisione di accettare l’offerta per un MBA al MIT, Boston era solamente un piccolo puntino sulla carta geografica; una à un po’ più a nord di NYC, nota per essere fredda ed “europea”. Per me, però, Boston voleva dire rinunciare per un po’ di tempo alla possibilità di vedere dal vivo la mia Roma e di godermi le ultime magie del .

Ormai sono sette anni che non vivo più a Roma, ma le altre volte la distanza, sia fisica sia mentale, era stata minore e comunque ero sempre riuscito a vedere tre o quattro partite dal vivo, tra e derby. Questa volta sarebbe stato diverso: sei ore di fuso orario, nove ore di viaggio per tornare a casa. Ma si sa, noi romanisti siamo duri a mollare e quindi sono partito armato della più feroce determinazione nel cercare di trovare il modo per seguire il campionato. Dopo pochi giorni dal mio trasferimento, ho scoperto il canale Fox Soccer che trasmette buona parte delle partite della serie A. E cosi, dopo aver fatto l’abbonamento, il mio esordio da tifoso emigrante è stato con Roma- del settembre 2009. Inutile ricordare il risultato e le conseguenze di quella partita. Piuttosto, quello è stato l’inizio della metamorfosi delle mie abitudini, necessaria per poter seguire la Roma. Quando da voi la Roma gioca alle tre di pomeriggio, per me la partita è alle nove di mattina. Così mentre voi vi recate allo stadio dopo pranzo, felici alla vista dell’obelisco e sereni dopo aver bevuto un paio di Borghetti, io metto la sveglia alle 8.30 di mattina, senza badare agli stravizi della sera prima. Verso le 8.45 controllo le formazioni ufficiali su internet mentre inzuppo un biscotto nel caffè-latte; mentre in curva si accendono i fumogeni, io mi sdraio sul divano con il plaid sulla pancia.

 

Quando la Roma gioca di sera, qui da noi sono le 2.45 di pomeriggio e sicuramente il disagio è minore. Ma quando invece giochiamo alle 12, mi sono ritrovato ad alzarmi alle 5.30 di mattina di domenica per poter vedere i ragazzi. Più che mai, quindi, la partita è diventata un avvenimento che orienta totalmente la mia giornata. Quando ci siamo fatti rimontare due gol dal Chievo, avevo ancora tutta la giornata davanti a me da dover “vivere”; ma quando Borriello e Mirko hanno segnato contro i cugini nell’ultimo derby di campionato, ho guardato l’orologio e ho detto “che bello, sono solo le 11 di mattina, ho ancora tante ore di felicità davanti a me”. Fino a pochi giorni fa, questo era il legame che esisteva per me tra Boston e la mia Roma, tra la State House e la .

Poi è arrivato DiBenedetto, che scherzosamente c h i a m i a m o c o n m i a m o g l i e “Tommy”; e ora Boston sembra essere diventata il crocevia del futuro e delle fortune romaniste. Essendo “abbastanza” tifoso della Magica, ho subito pensato di recarmi al 198 di Tremont street (sede della Boston International Group, secondo internet) con maglia della Roma al seguito, per farmi immortalare davanti qualche targa o scritta; o magari per immortalare Tommy che esce dall’edificio. Purtroppo al suddetto indirizzo ho trovato solamente un ufficio dell’UPS. Ho avuto un po’ di preoccupazione, ma non mi sono perso d’animo (qui in USA si può eleggere a proprio domicilio postale la post box detenuta presso un corriere espresso) e ho deciso di chiamare il numero di telefono che ancora internet indicava.

Anche questa volta sono rimasto deluso, dato che al numero anzidetto mi ha risposto un fioraio. Non voglio trascinare nel panico gli altri tifosi giallorossi, ma sinceramente finché non vedo Tommy con la sciarpa al collo, davanti un bel po’ di microfoni pronti per la prima conferenza stampa, ho sempre paura che qualcosa possa accadere. Sogno una Roma “bostoniana”, in cui e Ilary siano come Tom Brady (quater back dei Patriots, leggendaria squadra di football americano di Boston) e Giselle, in cui i tifosi possano andare allo stadio senza paura dei tafferugli, in cui ogni innamorato giallorosso possa finalmente vedere decentemente la partita dallo stadio; una Roma “bostoniana” in cui ogni sessione di mercato non sia solo un conto alla rovescia per vedere se qualcuno dei nostri gioielli lascerà la squadra, in cui sia di nuovo possibile sognare di vincere il tricolore contro le solite squadre del nord. Per ora ho solamente la mia foto davanti l’ufficio della UPS, sperando che possa essere ricordata come un momento storico per la Roma e non come l’ennesima partita persa giocando alla grande, in cui l’arbitro ci ha messo lo zampino decisivo.

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