E per un azionista è pronta una querela

29/10/2010 alle 12:27.

IL ROMANISTA (D. GALLI) - Fascetta rossa alla Rambo, camicia dello stesso colore, cravatta verde sgargiante. L’azionista-romanista Fabio Palma è un animale curioso. È un incrocio tra Mario Brega e il Verdone-Ruggero di "Un Sacco bello". Quando uno si immagina gli interlocutori di Rosella Sensi, pensa ad Abete, Nicchi o Beretta. Macché. Ieri, il vero avversario del presidente dell’As Roma è stato questo signore sulla cinquantina. Che avrà pure qualche problema di linea, ma che in quanto a foga è un campione olimpico. La Sensi se lo aspettava. Palma è un habitué delle assemblee giallorosse. Il suo è un attacco frontale

La Sensi se lo aspettava. Palma è un habitué delle assemblee giallorosse. Il suo è un attacco frontale all’attuale gestione. L’azionista accusa i Sensi per il bilancio, che definisce «brutto, pessimo», ma pure per

come vengono trattati, a suo giudizio, i piccoli azionisti («non ci ha mai ascoltato nessuno, invece saremmo potuti essere utili anche nel caso di una ricapitalizzazione»). Secondo Palma, in questi anni l’As Roma

non ha vinto uno scudetto, due Coppe Italia e due Supercoppe Italiane. No. «I risultati con cui vi siete riempiti la bocca per tanti anni non sono arrivati, perché non abbiamo vinto praticamente niente». Palma si

interroga sul futuro bilancio: «Se la vendita non dovesse concretizzarsi in tempi brevi, come farà la società ad andare avanti?». La Sensi regge fino a quando Palma non le rivolge un’accusa grave. Quella di «usare

l’As Roma per fini personali». Il presidente prima lo avverte («attento, è passibile di querela»). Poi, quando il tifoso torna alla carica («non le conviene andare in tribunale con certi bilanci»), sbotta: «Prima che sarà

andata via la sottoscritta, lei si sarà beccato una bella querela
». Alle critiche sulla gestione societaria risponde invece seccamente Cristina Mazzoleni, responsabile pianificazione e controllo del club: «Ogni

operazione condotta ha rispettato leggi, procedure e gli interessi dell’As Roma». 

A rendere meno amaro il pomeriggio del presidente sono gli interventi degli altri soci. Alcuni di questi sono esilaranti. Prendete quello di Franco Angeletti. L’azionista non è d’accordo sul fatto che sia legato a Vodafone, mentre il main sponsor della società è Wind («l’As Roma non interferisce con le attività dei suoi tesserati», gli risponderà la Mazzoleni»). Ma conclude il suo monologo con un «forza Romaaaaa!». L’urlo viene accolto in assemblea e in sala stampa con un interminabile applauso. Massimo Grotti solleva invece una questione morale. Dopo avere domandato quanto «significativa» sarà la perdita che, come sottolineato dalla società di revisione BDO, verrà registrata nel prossimo bilancio («non si possono fare stime, dipenderà dalle future operazioni», gli chiarirà la Mazzoleni), coltiva una speranza: «Credo negli angeli e nella buona sorte, ma vorrei che il nome del prossimo presidente non derivi da angeli e fiori». Come dire: né Angelucci, né Angelini, né (mai sia) Fioranelli. 

L’85enne avvocato Sergio Pizzicaria ingaggia poi un insolito duello a distanza con Daniele Pradè, accusato dal socio romanista di avere condotto delle campagne acquisti insoddisfacenti. Quando viene informato in sala stampa, il ds romanista scuote la testa. «Ma perché ce l’ha sempre con me?», mormora tra sé e sè. Ci pensa la società a difenderlo. «Le operazioni di mercato sono il risultato di una politica gestionale concordata con il management», spiega la Mazzoleni. L’avvocato non s’offenda. Ma considerare Pradè il capro espiatorio di questa crisi non è solo fuori ordine del giorno. È proprio fuori dalla realtà.  

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